Filii Eliae «Qvi Nobis Maletictvm Velit» (2014)

Filii Eliae «Qvi Nobis Maletictvm Velit» | MetalWave.it Recensioni Autore:
Snarl »

 

Recensione Pubblicata il:
16.09.2014

 

Visualizzazioni:
1608

 

Band:
Filii Eliae
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Titolo:
Qvi Nobis Maletictvm Velit

 

Nazione:
Italia

 

Formazione:
Martirivm :: Synth, Guitars, Vocals
Vastvm Silentivm :: Bass
Ossibus Ignotis :: Drums

 

Genere:
Thrash /Black Metal

 

Durata:
46' 5"

 

Formato:
CD

 

Data di Uscita:
2014

 

Etichetta:
Autoproduzione

 

Distribuzione:
---

 

Agenzia di Promozione:
---

 

Recensione

Davvero buffa la storia riguardante i salernitani Fili Eliae, band attiva dal 2010 e giunta al suo primo full length, ma che per sottolineare il fatto di essere una band formata da musicisti veterani ci raccontano che avevano una band chiamata Mayhem che fece un demo nell’87, e che a seguito dell’omonimia cambiarono nome in Enslaved, per sciogliersi un anno prima che gli Enslaved che conosciamo noi pubblicassero il loro primo demo. Lo giuro, è ciò che c’è scritto sulla loro biografia.
Orbene, i Fili Eliae sono completamente un’altra band e fanno un black/doom singolare, perché effettivamente “Qui nobis...” è un album che si sente: viene da musicisti con influenze ferme a tanti anni fa, consistenti in questo doom metal tipo Pentagram, ma su cui la band riesce a spaziare molto di più di quanto non si faccia nel doom odierno, con tanto di parti veloci tipo l’inizio di “Vita Finis Adest” e decisamente thrash oriented che tuttavia evolvono poi in una linea di chitarra sempre nello stesso brano che fa sfociare tutto su un mood decisamente più malinconico, e con uno stile triste, ma che sa anche come diventare tumultuoso verso il finale della canzone. In realtà, sentendo il resto dell’album, la componente musicale prevalente sembra proprio essere quella del Black Metal più lento, misterioso e atmosferico, sullo stile di Burzum in “Iam Obscura Luce” (ebbene sì: tra tanti gruppi che si dichiarano influenzati da Burzum, ce n’è uno che per me lo è davvero) dotata tra l’altro di un riff conclusivo e di un tempo veloce molto stile Opera IX, ma anche con nomi come gli Abysmal Grief altre volte in “Et Umbra Sum”, nonché il mid tempo grigio e scarno dei primi Khold, evidente in “Ex Putredine”. Il bello di questi brani è che il mood non è portato agli estremi termini, non è portato a due strillate fuori metrica né testo tipo certi dilettanti del Depressive Black Metal, non cerca di dire tutto all’inizio per poi trascinarsi verso la fine, ma trasporta le proprie atmosfere, come la title track finale, caratterizzata dall’essere un mid tempo diabolico che accumula pathos e angoscia sempre di più per sciogliersi solo verso la fine del brano. Davvero mirabile.
A fianco a questi ottimi brani, tuttavia, ce ne sono certi che davvero per me sono un mistero, cioè l’opener (dal titolo in latino sbagliato...) ad esempio, che semplicemente non capisco né che c’entra col resto del disco né perché è stata messa in apertura, visto che si tratta di un brano assolutamente niente di che, poco doom e solo lenta senza un vero perché, nonché pacchianotta e con riffs parecchio generici, nonché con una settima canzone che prova a sproposito la carta della maggiore varietà musicale, rovinando un brano con delle soluzioni non richieste e inopportune. Francamente, non capisco che c’entrano, sembrano due brani composti in epoca differente ma il cui stacco con gli altri brani è assolutamente netto.
Insomma: malgrado il neo suddetto, questo è un buon compendio di Black/doom metal, non troppo sacrale, non troppo torbido ma misterioso e soprattutto lontano dall’essere depressive. Una versione più black metal dei The Black italiani, praticamente. Se ne consiglia l’acquisto a chiunque sia un amante del doom metal (e ribadisco “Metal”, tipo appunto primi Candlemass e Pentagram), nonché agli amanti del black metal più atmosferico e che non cercano per forza la velocità. Se ne consiglia anche un ascolto agli amanti del depressive black o del post metal. Magari non un disco che può bissare i grandi nomi del passato, ma riscoprire stili musicali desueti come questo non fa mai male.

Track by Track
  1. Mortem Mecvm Veniet 60
  2. Et Vmbra Svm 70
  3. Vitae Finis Adest 85
  4. Ex Pvtredine 75
  5. Volgus sine nomine 70
  6. Iam Obscura Luce 80
  7. Nusquam Aut Nullum Fore 60
  8. Nox sicut dies 70
  9. Qui Nobis Maledictum Velit 80
Giudizio Confezione
  • Qualità Audio: 75
  • Qualità Artwork: 75
  • Originalità: 85
  • Tecnica: 80
Giudizio Finale
74

 

Recensione di Snarl » pubblicata il 16.09.2014. Articolo letto 1608 volte.

 

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